Cixi, Tz’u-hsi secondo la romanizzazione di Wade-Giles, viene chiamata anche Xitaihou o Xiaoqin Xianhuanghou, e soprannominata Imperatrice Vedova, (nata il 29 novembre 1835, Pechino, Cina – morta il 15 novembre 1908, Pechino), consorte dell’imperatore Xianfeng (che regnò dal 1850 al 1861), madre dell’imperatore Tongzhi (regnò dal 1861 al 1875), madre adottiva dell’imperatore Guangxu (regnò dal 1875 al 1908) e una presenza imponente sull’impero cinese per quasi mezzo secolo.
Mantenendo l’autorità sulla casa imperiale Manciù ( dinastia Qing, dal 1644 al 1911 / 12), divenne una delle donne più potenti della storia della Cina.
Biografia di Cixi, imperatrice della Cina
Cixi nasce il 29 novembre 1835 a Pechino, primogenita di un ufficiale ordinario, che morì quando lei era ancora una bambina.
Ricorderà con amarezza la propria famiglia di origine tanto da dichiarare:
“sin da quando ero una ragazzina, ho avuto una vita molto dura.
Non ero felice con i miei genitori, io non ero una favorita.
Le mie sorelle avevano tutto quello che volevano, mentre a me è stato, in gran parte, negato tutto.”
Concubina
La sua vita cambiò all’età di 14 anni, quando venne scelta come possibile candidata concubina, e due anni dopo venne scelta proprio come concubina dell’imperatore Xianfeng, sebbene di basso rango.
Ci vollero altri due anni, quando Cixi, diciottenne, completò i preparativi rituali necessari.
Consorte secondaria
Nonostante l’alto numero di mogli e concubine dell’imperatore Xianfeng, la posizione di Cixi cambiò il 27 aprile del 1856, quando generò l’unico figlio dell’imperatore.
Proprio grazie a questo figlio, di nome Tongzhi, Cixi passò dall’essere una concubina di terzo livello ad una di primo livello, per poi essere innalzata a consorte secondaria, acquisendo il titolo di Imperatrice del Palazzo Occidentale.
Tongzhi imperatore
L’imperatore Xianfeng morì nel 1861, all’età di soli 30 anni.
Salì quindi al trono proprio Tongzhi, ed essendo ancora un bambino – aveva solamente cinque anni – gli affari di stato furono affidati a un consiglio di reggenza di otto funzionari anziani.
Questa soluzione non durò a lungo, dato che Cixi insieme a Ci’an – l’ex consorte di Xianfeng – e con il Principe Gong Qinwang – fratello dell’ex imperatore – orchestrarono un colpo di stato.
La reggenza fu quindi trasferita a Cixi e Ci’an, mentre Gong divenne il principe consigliere.
Il governo triumvirale
Grazie all’accordo di queste tre figure al governo, lo stato entrò in un temporaneo periodo di rivitalizzazione.
Le ribellioni
In primo luogo si puntò a pacificare le provincie sconvolte dalle ribellioni.
La grande ribellione di Taiping che dal 1850 devastava la Cina meridionale, fu repressa con la conquista della città di Nanchino nel 1864 da parte del funzionario governativo Zeng Guofan.
Anche la ribellione di Nian nelle province settentrionali iniziata nel 1853 ebbe termine nel 1868 grazie a Li Hongzhang.
La meritocrazia dei funzionari
Un ulteriore sforzo fu diretto contro la corruzione del governo e nel reclutare uomini di talento.
Grazie alla pacificazione delle provincie il sistema degli esami di servizio civile si poté nuovamente svolgere in aree che erano state a lungo sotto il controllo dei ribelli.
Gli investimenti
Le finanze del tesoro imperiale furono ripristinate.
Questo permise al governo di adoperarsi per rilanciare la produzione agricola distribuendo sementi e strumenti e aiutando a sviluppare nuove terre.
Furono create scuole per lo studio delle lingue straniere, fu istituito un moderno servizio doganale, furono costruiti arsenali in stile occidentale
Fu anche intrapreso un programma per fabbricare armi occidentali, sebbene lo sforzo di adottare la tecnologia straniera ebbe solo un successo superficiale perché lo studio dei classici confuciani rimase l’unico percorso sicuro per il progresso ufficiale, tralasciando in questo modo lo studio della scienza occidentale.
Nel frattempo il potere a corte delle due donne aumentò, mentre l”autorità del principe Gong fu gradualmente minata, tanto che venne licenziato nel 1865.
L’impero formale di Tongzhi
Nel 1873 l’imperatore Tongzhi – compiuti i 17 anni – raggiunse la maturità, terminando formalmente in questo modo la reggenza del governo triumvirale.
Formalmente, perché il loro coinvolgimento negli affari di stato continuò.
Anche perché il giovane imperatore non ereditò il carattere forte della madre, ma al contrario si dimostrò un uomo debole, disinteressato, dedito alle droghe e alle prostitute.
Uno dei suoi primi atti fu quello di concedere un’udienza ai rappresentanti di sei paesi stranieri, e per la prima volta nella storia cinese, l’imperatore non richiese l’inchino cerimoniale.
Morì di vaiolo il 12 gennaio 1875, all’età di 19 anni.
Nonostante il disinteresse dello stato da parte dell’imperatore, il periodo di rivitalizzazione avvenuto sotto il suo regno prese proprio il suo nome, dato che è ricordato come la Restaurazione Tongzhi.
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L’imperatore Zaitian (Guangxu)
Per risolvere la successione a proprio favore, Cixi adottò suo nipote di tre anni, Zaitian, e si prodigò per farlo nominare come nuovo erede al trono del Celeste Impero.
L’opposizione alla scelta di Cixi venne represssa.
Questa opposizione si basava sul fatto che il gesto di Cixi infrangeva la sacra legge dinastica della successione.
In questo modo il 25 febbraio 1875 Zaitian divenne imperatore con il nome di Guangxu.
Il principe Gong fu nuovamente messo al suo posto, e le due imperatrici vedove poterono in questo modo continuare ad agire come reggenti.
Il termine del governo triumvirale
Alla morte improvvisa di Ci’an nel 1881, Cixi divenne l’unica titolare della carica di reggente
Tre anni dopo Cixi assunse definitivamente il potere licenziando il principe Gong, nel 1884.
Nel 1889, quando il giovane imperatore Guangxu assunse formalmente il potere, Cixi rinunciò nominalmente al controllo del governo per ritirarsi nel magnifico palazzo estivo che aveva ricostruito a nord-ovest di Pechino.
Cento giorni di riforma
Il giovane imperatore fu turbato per la sconvolgente sconfitta delle forze cinesi nella guerra sino-giapponese (1894-95), e dal lento smembramento della Cina da parte delle potenze occidentali dopo tale sconfitta.
Per questo motivo – grazie anche all’influenza di un gruppo di riformatori – nel 1898 presentò una serie di proposte radicali volte a rinnovare e modernizzare il governo cinese e ad eliminarne la corruzione.
Tale periodo è conosciuto come i Cento giorni di riforma.
L’attacco alla corruzione, all’esercito e al sistema educativo tradizionale minacciarono le classi privilegiate della società tradizionale cinese.
E non passò molto tempo prima della contromossa di questi ultimi.
Le forze conservatrici si radunarono dietro l’imperatrice vedova, Cixi; con l’esercito dalla sua parte, Cixi organizzò per la seconda volta un colpo di stato.
Con l’aiuto di Ronglu – il massimo comandante militare imperiale – Cixi tornò nella capitale, rinchiuse l’imperatore nel suo palazzo e diffuse voci che fosse mortalmente malato.
Molto probabilmente Guangxu ebbe salva la vita grazie alla presa di posizione delle potenze straniere, che dichiararono che non avrebbero gradito un eventuale morte o detronizzazione dell’imperatore.
Cixi riprese la reggenza e le nuove riforme furono revocate.
Per la maggior parte degli storici l’ultima possibilità della Cina per un cambiamento pacifico terminò con la revoca delle riforme dei Cento giorni.
La rivolta dei Boxer
Le origini
Verso la fine del XIX secolo una società segreta cinese, conosciuta come lo Yihequan Pugni giusti e armoniosi, appoggiò una rivolta contadina iniziata da qualche tempo che tentava di cacciare tutti gli stranieri dalla Cina.
I membri di questa società furono chiamati dagli stranieri Boxer, dato che essi praticavano alcuni rituali di boxe e ginnastica ritmica nella convinzione che questo li rendesse invulnerabili.
La svolta
Inizialmente il primo obbiettivo dei Boxer era quello di distruggere la dinastia Qing al potere; ma i funzionari al potere che volevano liberarsi degli stranieri li convinsero a porre fine alla lotta contro la dinastia e unirsi a loro per distruggere gli stranieri.
In un primo momento i Boxer diressero la loro ira contro i connazionali che si erano convertiti al cristiani: secondo i Boxer questi erano colpevoli di aver abbandonato i tradizionali costumi cinesi a favore di una religione aliena.
I ribelli vagavano per la campagna uccidendo cristiani cinesi e missionari stranieri.
Da questa isteria anticristiana, la ribellione dei Boxer crebbe sviluppandosi in un furioso tentativo di distruggere tutto ciò che era straniero, che il popolo incolpava per la loro miseria e per la perdita di un sacro stile di vita.
La loro furia si rivolse soprattutto verso:
- chiese,
- ferrovie,
- miniere.
Nel frattempo, sebbene il governo di Cixi fosse allarmato dalla propagazione della rivolta popolare, alcuni funzionari provavano grande soddisfazione nel constatare che la furia dei Boxer concretamente era rivolta contro le potenze straniere.
L’imperatrice Cixi decise quindi di assumere una politica neutrale verso i ribelli.
Da parte loro i Boxer, dopo l’incoraggiamento di alcuni funzionari, nell’autunno del 1899 cercarono di ottenere ufficialmente l’accesso alla corte con lo slogan “Sostegno al Qing e allo sterminio degli stranieri”.
Nel maggio 1900 il governo Qing cambiò la sua politica e iniziò a sostenere quei funzionari che incoraggiavano i ribelli Boxer contro gli stranieri.
L’apice della ribellione
E fu proprio nel 1900 che la Ribellione dei Boxer raggiunse il suo apice: nel maggio 1900, le bande di Boxer vagavano per la campagna intorno alla capitale di Pechino.
Ai primi di giugno una forza occidentale di soccorso internazionale di circa 2.100 uomini venne inviata dal porto settentrionale di Tianjin verso Pechino.
Cixi era incline alla guerra aperta quando si convinse dell’affidabilità dell’arte dei Boxer.
Il 13 giugno l’imperatrice vedova ordinò alle forze imperiali di bloccare l’avanzata delle truppe straniere e la piccola colonna di soccorso fu quindi respinta e costretta a tornare a Tianjin.
L’assedio alle legazioni straniere
Infine il 18 giugno una notizia falsa giunse alle orecchie dell’imperatrice vedova: le potenze straniere avevano chiesto che lei restituisse l’amministrazione all’imperatore.
Cixi credette che la richiesta fosse vera, e irritata invitò tutti i cinesi ad attaccare gli stranieri.
L’ambasciatore tedesco venne assassinato e circa 100 stranieri furono uccisi.
Le legazioni straniere assieme ai propri familiari e a centinaia di cristiani cinesi si riversarono nei quartieri di legazione e nella cattedrale cattolica romana di Pechino.
Il 20 giugno iniziò quindi l’assedio dei Boxer alle legazioni straniere a Pechino.
Il giorno dopo, il 21 giugno, Cixi dichiarò guerra ordinando ai governatori provinciali di prendere parte alle ostilità.
L’offensiva delle potenze straniere
La risposta delle potenze straniere non si fece attendere.
Fu inviata una coalizione internazionale di 19.000 soldati che marciarono verso Pechino conquistandola il 14 agosto.
Anche l’Italia partecipò alla coalizione: il Corpo di spedizione era formato da un battaglione di bersaglieri comandato dal colonnello Vincenzo Garioni, e partì da Napoli il 19 luglio.
La fuga di Cixi e la pace
Mentre le truppe straniere saccheggiavano la capitale, l’imperatrice vedova e la sua corte fuggirono verso ovest a Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, lasciandone alcuni principi imperiali per condurre i negoziati.
Una eventuale divisione della Cina venne evitata dalla reciproca moderazione tra le potenze straniere, e dopo lunghe discussioni, un protocollo fu infine firmato nel settembre 1901, ponendo fine alle ostilità e prevedendo riparazioni da effettuare a tali potenze.
Il protocollo prevedeva le seguenti cose:
- una indennità di 450 milioni di taels da pagare in 39 anni;
- l’istituzione di un insediamento di guardie permanenti a Pechino;
- lo smantellamento dei forti tra Pechino e il mare;
- Le province meridionali che durante la crisi si erano schierate con gli stranieri, divennero di fatto indipendenti all’interno dell’impero.
Il ritorno di Cixi
Il prestigio della dinastia Qing crollò dopo questi disastrosi eventi.
Cixi fu costretta a dichiarare di essere stata indotta in guerra dai conservatori e che la sua corte non era composta da funzionari contro gli stranieri e le riforme.
Per dimostrare la propria buona fede promise che avrebbe promosso le riforme necessarie all’impero.
In questo modo ebbe la possibilità di ritornare a Pechino nel 1902, e come promesso iniziò finalmente ad attuare molte delle innovazioni e delle riforme che erano state annullate nel 1898.
Nonostante queste premesse, l’imperatore Guangxu non volle partecipare al governo.
La fine
L’imperatrice vedova Cixi morì il 15 novembre 1908 all’età di 72 anni, il giorno dopo la morte dell’imperatore Guangxu.
Per la morte di Cixi furono osservati i riti funebri per un anno intero.
Successivamente venne sepolta nelle Tombe Qing orientali, il cimitero imperiale a nord-ovest di Pechino.
I sospetti sulla morte di Guangxu
A causa della morte ravvicinata dell’imperatore Guangxu con Cixi, si iniziò a credere che l’imperatore fosse stato avvelenato per ordine dell’imperatrice vedova.
Nel 2008 ricercatori e funzionari cinesi pubblicarono un rapporto che confermarono la morte per avvelenamento con l’arsenico di Guangxu.
Nonostante tale rapporto non voleva e ne poteva indicare il colpevole di tale gesto, fu naturale indicare come maggiore sospettata proprio Cixi.
La donna più potente della Cina
Cixi regno di fatto il Celeste Impero per quarantasette anni, dal 1861 al 1908.
Lei fu di certo la donna più potente della Cina, ma il suo contributo fu più volte contradditorio.
Infatti da una parte sostenne la modernizzazione economica e militare del paese, cercando di seguire l’esempio delle potenze europee, ma dall’altra spese enormi cifre predisposte per tale modernizzazione in spese personali.
A pagarne soprattutto le conseguenze fu la marina militare, dove ad esempio la cifra destinata per la realizzazione di dieci nuove moderne navi da guerra, furono dirottate nella realizzazione di un suntuoso palazzo estivo.
Questo fatto fu tra le motivazioni del disastro nella guerra cino-giapponese del 1894.
Un altro aspetto negativo del suo operato è che lasciò senza controllo la corruzione finanziaria che dilagò quindi senza freni.
Ma lei stessa contribuì nel dissanguamento dell’economia del governo.
L’imperatrice vedova sperperò grandi quantità di denaro in banchetti, gioielli e altri lussi.
Un esempio è la spesa folle per il palazzo estivo sopra citato.
Ma anche le piaceva essere servita a tavola di 150 piatti diversi in un unico pasto; beveva in tazze di giada e mangiava con bacchette d’oro.
Alla fine della sua vita, aveva 3000 scatole di ebano per contenere i suoi gioielli.
L’autore dell’articolo
Davide Bugatti
Autore
Ideatore e il fondatore del progetto Wilusa, oltre a gestire il sito principale – www.wilusa.it – gestisce ed è autore di articoli divulgativi del sito www.guerraepace.it facente sempre parte del progetto.
Appassionato di mitologia e di storia antica.
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